La prossima volta che vi sedete intorno a un tavolo e tutti vi guardano male perché ordinate una bistecca alta come un cuscino giocatevi questa notizia: per salvare il pianeta non basta diventare vegetariani o fare scelte alimentari consapevoli. Facendo i calcoli su tutta la filiera alimentare, salta fuori che alcuni dei cibi considerati più salutari in realtà hanno un impatto ambientale molto più alto del previsto. Soprattutto negli Stati Uniti.
Mettiamo le cose in chiaro: la patria del barbecue, delle salsine e delle costolette di maiale consumate come se fossero pane ha un problema di obesità a cui non è facile fare fronte. Il governo ha provato a migliorare le cose pubblicando le linee guida dello United States Department of Agriculture (USDA), che consigliano agli americani di consumare più prodotti considerati salutari, come frutta, verdura, formaggi e pesce.
Tuttavia, se i cittadini seguissero alla lettera i consigli dello USDA produrrebbero un impatto negativo sull’ambiente più marcato in termini di utilizzo delle risorse ed emissione di gas serra, a parità di calorie fornite. In poche parole, mangiare meglio – meno carne in favore di più verdure, formaggi e pesce – inquinerebbe di più. Almeno, è ciò che sostiene uno studio della Carnegie Mellon University sulle abitudini alimentari degli statunitensi.
I ricercatori hanno simulato l’impatto sull’ambiente di tre diverse diete americane: una riduzione calorica in cui si mangia un po’ di tutto; il menù consigliato dallo USDA senza riduzione calorica; una riduzione calorica seguendo il menù consigliato dallo USDA.
Ovviamente, mangiare meno calorie avrebbe un effetto benefico sul consumo di energia (una riduzione del nove per cento nelle emissioni di gas serra) per il semplice fatto che si consuma meno cibo. Diversamente, adottare il menù consigliato dallo USDA senza ridurre le calorie causerebbe un incremento del consumo di energia (43 per cento), dello sfruttamento delle acque (16 per cento) e delle emissioni di gas serra (11 per cento). Nel caso di un menù USDA con riduzione calorica, il consumo di risorse sarebbe, rispettivamente, del 38, 10 e 6 per cento in più rispetto ai livelli attuali.
“Mangiare insalata produce il triplo di emissioni di gas serra rispetto alla pancetta” ha detto Paul Fischbeck, professore di politiche decisionali e coautore della ricerca. “Molte delle verdure più diffuse richiedono più risorse per caloria di quanto pensiate. Melanzana, sedano e cetriolo sono particolarmente svantaggiati se paragonati a carne di maiale o pollo.”
I numeri lasciano poca libertà di interpretazione: attingendo a centinaia di articoli scientifici, i ricercatori hanno calcolato l’impatto di ogni tipologia di alimento lungo l’intera catena di distribuzione: cioè, quanto pesano coltivazione, trasformazione, trasporto, vendita, conservazione in casa e preparazione di ogni alimento in termini di consumo d’energia ed emissioni di gas serra.
“Esistono relazioni complesse tra dieta e ambiente” dice Michelle Tom, ingegnere ambientale e coautrice dello studio. “Ciò che è buono per chi sta attento alla propria salute non sempre è altrettanto buono per l’ambiente. È importante che i decisori pubblici lo sappiano e siano consci di questi compromessi nel momento in cui sviluppano o continuano a sviluppare le linee guida per l’alimentazione del futuro.”
Lo studio americano non ha calcolato però un fattore importante: il peso in termini di risorse umane sprecate dovuto ad una alimentazione scorretta. Mangiare salsicce cinque volte a settimana forse può inquinare meno che mangiare una carriola di insalata al giorno, ma i problemi di salute che derivano da scelte alimentari eccessive hanno comunque un peso devastante sulla società. Insomma, a seconda di come imposti i calcoli puoi ottenere risultati completamente differenti. Buon appetito.