Nella capitale giapponese, fra i vicoletti del pittoresco quartiere di Shijuko, si nasconde un piccolo ristorante che apre da mezzanotte e chiude alba. Il suo menù offre un solo piatto fisso, ma i clienti sanno che un losco figuro con una cicatrice su un occhio preparerà loro qualunque cosa chiedano. Se ha gli ingredienti giusti. Nella taverna si alternano nuovi avventori e clienti abituali, le storie delle più disparate persone che vivono la notte della metropoli (una cantante di karaoke, il capo di un clan criminale, una spogliarellista, un’indovina, un pugile) s’intrecciano nel segno della cucina dello chef misterioso. Un po’ di chikuwa, tofu con katsuobushi e olio di sesamo, la zucca lessa come da tradizione nel giorno del solstizio d’inverno o la cucina Osechi a capodanno. Ogni notte corrisponde a una storia, dove le ricette tipiche della cucina giapponese diventano occasioni per incontrare nuove storie. Dopo il successo della prima e della seconda edizione, anche il terzo volume di La taverna di mezzanotte – Tokyo Stories di Yaro Abe è arrivato in Italia grazie a Bao Pubblishing.
Il sommario dei capitoli è organizzato proprio come un menù. Nel lavoro di Yaro Abe ogni notte fra le strade della capitale ha un sapore sempre diverso – a volte delicato, altre malinconico altre ancor più acre- che sembra andar di pari passo -come l’abbinamento di un buon vino (o in questo caso sarebbe meglio dire sakè)- alla pietanza che sta alla base della puntata. L’architrave su cui si basa il manga è del tutto simile a quella di Coffee and cigarettes, i piatti non sono altro che un pretesto per sedersi al bancone e iniziare a dialogare, scuse per attaccare bottone, occasioni uniche in cui anche le esistenze più distanti trovano un punto in comune. Ma, a differenza che nel film di Jim Jarmusch, la taverna è aperta al mondo, alle contaminazioni esterne dei suoi avventori. Ogni storia del fumetto è un vero e proprio corto cinematografico con una morale propria, il che spiega il suo successo come trasposizione in serie su Netflix.
Tra le pagine del manga potrete trovare vere e proprie ricette, quanto aneddoti storici sui piatti che si preparano durante le ricorrenze tradizionali e curiosità sulle variazioni regionali. Scoprirete ricette e ingredienti ( sempre accompagnate da minuziosi disegni) fuori dai canoni della cucina orientale finta che viene proposta in Italia quanto su prodotti che non fanno parte della cultura gastronomica del Paese ma della sua storia industriale e identitaria come Nazione. Articoli che si trovano nelle dispense di ogni famiglia giapponese, dal gelato confezionato, alle aringhe nella latta passando per la carne in gelatina del tutto assimilabile ad un Mottarello e una Manzotin italiana (a proposito, la puntata sui prodotti in scatola è propria la mia preferita).
Che sia un prodotto da banco del supermercato o il piatto che ci preparava nonna ogni domenica, le pietanze preparate dallo chef senza nome giocano il ruolo di vere e proprio madelaine proustiana, ed è proprio questo il bello de La taverna di mezzanotte: attraverso le digressioni dei personaggi si ha un vero e proprio compendio della cultura gastronomica nipponica. Nonostante gli ingredienti, le usanze le tradizioni o l’estrazione sociale, l’umanità si assomiglia in ogni angolo del mondo, specialmente attorno ad un tavolo imbandito. Anche i Giapponesi litigano sulle minuscole variazioni di una ricetta che ogni famiglia trasmette diversamente, festeggiano natale e capodanno consumando salmone e uova di pesce. Ma soprattutto, a quanto pare, anche a Tokyo il tonno sta benissimo con la maionese.