È ormai da tempo che veniamo rimproverati per non essere in grado di adottare un comportamento eco-sostenibile: l’utilizzo della plastica, l’esagerato consumo di carne, le continue emissioni di gas inquinanti o la distruzione del suolo. Questa nostra incapacità è ormai evidente e la si può ritrovare anche nelle piccole cose, prima fra tutte lo spreco giornaliero di cibo.
Fortunatamente c’è chi si sta organizzando per iniziare una lotta contro lo spreco alimentare, un esempio? La città di Milano con i suoi hub di quartiere.
Entrare in un bar e ordinare una brioches, andare al supermercato e riempire le nostre borse con il cibo di cui abbiamo bisogno oppure sedersi al ristorante e ricevere comodamente il piatto che preferiamo. Sono tutti gesti quotidiani entrati a far parte della nostra routine e che diamo ormai per scontati: è logico vedere i banconi dei bar stracolmi di brioches, come è logico andare al supermercato e trovare infinite quantità di pasta o di qualsiasi altro cibo. Ma c’è una cosa su cui spesso non riflettiamo: come fanno ogni giorno quegli alimenti ad essere sempre lì, a nostra disposizione, e che fine fanno se non vengono comprati da nessuno e non possono essere rivenduti il giorno dopo? Vengono donati a qualcuno? Vengono rivenduti a un prezzo più basso? Oppure vengono buttati? Quante persone si potrebbero sfamare con tutta quella merce non acquistata?
Ho iniziato a pormi queste domande qualche anno fa, mentre compravo un pezzo di pizza in un panificio della mia città. Era inverno, erano le 19 di sera e come sempre il treno era arrivato in ritardo e avevo perso la coincidenza con il pullman. Per consolarmi della mia sfiga avevo deciso di comprare qualcosa nell’unico posto ancora aperto. Ero entrata, avevo scelto cosa prendere, avevo pagato e mentre uscivo avevo sentito la commessa dire alla collega: “metti tutte le cose avanzate in un sacco così poi le buttiamo”. Oltre ad aver pensato almeno una brioches potevano regalarmela, la frase mi aveva lasciato parecchio allibita. Ora se sul bancone ci fossero state due brioches magari non mi sarei scandalizzata così tanto, ma il cibo avanzato era tantissimo e avrebbe potuto sfamare due famiglie per un’intera giornata.
Quello è stato il momento in cui ho iniziato ad accorgermi di quanto cibo ogni giorno viene buttato. Non avendo mai lavorato nel settore non ci avevo mai fatto caso e nella mia innocenza avevo sempre dato per scontato che aziende e attività commerciali donassero gli alimenti invenduti per evitare di buttarli.
Ad oggi esistono sono molte le iniziative che insegnano alle persone a essere meno schizzinose, a comprendere fino in fondo il valore del cibo o che incentivano le aziende e le piccole attività a non buttare e sprecare gli alimenti invenduti. Pensiamo per esempio all’app Too Good To Go, dove le aziende, a un prezzo ridotto, permettono alle persone di acquistare del cibo che sta per scadere ma che è ancora buono e commestibile, oppure agli Hub di quartiere, un progetto ideato dalla città di Milano per lottare contro lo spreco alimentare.
Milano e gli hub di quartiere: una lotta contro lo spreco alimentare
Gli Hub di quartiere sono nati a Milano grazie a una collaborazione tra Comune di Milano, Assolombarda, Politecnico di Milano, Fondazione Cariplo e Programma QuBì, che insieme si sono uniti per iniziare una lotta contro lo spreco alimentare. Un progetto innovativo che dal 2017 ha coinvolto l’intera città e ha permesso la nascita di 3 hub nei quartieri di Isola, Lambrate e Gallarate. Gli obiettivi del progetto sono molti e ambiziosi: rendere più sostenibile il sistema alimentare della città, evitare lo spreco alimentare, ridurlo, e trovare nuovi modi di recupero degli alimenti da destinare agli indigenti.
“Si tratta di un progetto innovativo in cui vi è la collaborazione di tutti gli attori del sistema: le aziende impegnate a donare e favorire il recupero delle eccedenze alimentari, le Onlus che rappresentano il punto di contatto con gli indigenti e l’autorità pubblica che favorisce lo sviluppo di queste iniziative virtuose.”
Le azioni concrete per la realizzazione del progetto sono iniziate nel 2018 con l’apertura del primo hub nel quartiere di Isola. Per permettere la sua nascita, il comune ha messo a disposizione uno spazio non utilizzato, per trasformarlo in un centro di raccolta e distribuzione degli alimenti. Il politecnico è intervenuto nel progetto monitorando il funzionamento dell’Hub per realizzare uno studio di fattibilità dal quale poi costruire un modello replicabile anche in altri quartieri. Lo spazio è statoaffidato al Banco Alimentare della Lombardia, che ha gestito l’hub quotidianamente, seguendo il modello elaborato dal Politecnico, occupandosi del recupero degli avanzi alimentari e della loro distribuzione alle strutture caritative della zona.
La vittoria del premio “Earthshot Prize”
Il progetto degli Hub di quartiere ha avuto un grande successo, ottenendo a ottobre 2021 i primi riconoscimenti a livello internazionale con la vittoria del premio “Earthshot Prize” (organizzato da The Royal Foundation of The Duke and Duchess of Cambridge) nella categoria “Build a Waste Free World”, un mondo senza sprechi.
Le soluzioni proposte per proteggere l’ambiente erano 750, con candidati provenienti da tutto il mondo. Solo per fare qualche esempio nelle altre quattro categorie sono state premiate: la Costa Rica per la protezione delle foreste, l’India per la riduzione delle emissioni dei fumi nell’atmosfera, la città di Berlino per lo sviluppo di tecnologie a idrogeno per la produzione energetica e le Bahamas per la difesa delle barriere coralline.
Il progetto è stato premiato per la sua capacità di coinvolgere l’intera città di Milano e le diverse catene della grande distribuzione tra cui: Lidl Italia, Esselunga, Carrefour, NaturaSi, Erbert, Coop Lombardia, Il Gigante, Bennet e Penny Market. Dal 2018 la città di Milano ha potuto così salvare oltre 10 tonnellate di cibo al mese, assicurando in un anno 260.000 pasti in grado di sfamare 3.800 persone.
Grazie al premio sono state vinte un milione di sterline. Verranno utilizzate per potenziare gli hub già esistenti, aprirne di nuovi e per replicare l’iniziativa in altre città che con Milano collaborano nella lotta contro lo spreco alimentare.