Chi ascolta Radio24 o legge il Sole24Ore – e non solo – lo conosce da anni: Davide Paolini è il Gastronauta, la voce e la firma che ci porta in giro per l’Italia e il mondo a scoprire prodotti, luoghi, ristoranti, chef e storie di cibo. Tutte da acquolina in bocca, e raccontate con un tatto e una sensibilità fuori dal comune.
Sulle colonne del giornale di Confindustria dal 1983 e nell’etere dal 1999, curatore fino al 2014 della Guida ai Ristoranti del Sole24Ore Paolini è un grandissimo conoscitore delle bontà d’Italia, e non solo: anche di tutto quello che ruota intorno al mondo gastronomico, sia a livello mediatico che economico.
Ha appena pubblicato con Longanesi Il crepuscolo degli chef – Gli Italiani e il cibo tra bolla mediatica e crisi dei consumi dove fa il punto su come oggi in Italia il cibo sia davvero diventato altro da quello che poteva essere per i nostri genitori o i nostri nonni. Noi di Dailybest gli abbiamo fatto qualche domanda.
Paolo Sorrentino dice che “Il mondo cambia a seconda dei menu, e noi che non ce ne rendiamo conto”: Paolini, com’è cambiato il menu degli italiani?
Il menu degli italiani è cambiato perché sono arrivate molte materie prima dall’estero. È evidente che con i flussi di migrazione questo succede, è una storia che si ripete in tutto il mondo: in fondo noi abbiamo portato la pasta, la pizza e tanti altri prodotti negli Stati Uniti con i nostri migranti. Il flusso di migrazione che ora stiamo subendo, prima l’abbiamo fatto subire agli altri. Da noi sta portando tutta una serie di materie prime in precedenza rare, come lo zenzero… lo zenzero è in tutti gli ortofrutta italiani, e in quasi tutti i menu, anche in qualche trattoria, trovi lo zenzero! Non dimentichiamo poi che tutto quello che viene raccontato sulla dieta mediterranea è una favola: tutti i prodotti della dieta mediterranea li abbiamo importati dall’America, pomodori, patate, ma anche il grano, per la pasta. Noi di autoctono abbiamo ben poco, se andiamo a vedere le nostre origini. I menu ormai sono contaminati da questo, basta pensare al baccalà, sono tanti anni che siamo contaminati dal baccalà, mentre ora siamo contaminati dallo stoccafisso, più raffinato, che arriva ovunque. In tutti i menu dei grandi ristoranti c’è lo stoccafisso, lo troviamo dai tre stelle fino alle trattorie.
Tra pochi giorni sarà passato un anno dalla chiusura di Expo 2015: cosa rimane?
Mi viene in mente quella canzone “Gli amici se ne vanno“…
La festa è finita…
Di Expo 2015 resta ben poco: secondo me non è rimasto niente, è rimasta un’area, però ancora non è emerso un progetto.
Nel suo libro racconta di quando iniziò la rubrica A me mi piace sul Sole24Ore: era il 1983, che ricorda di quel periodo?
In quel periodo mi ricordo alcune interviste, una con Gualtiero Marchesi: già nel 1984 diceva che faceva “Una cucina contemporanea”, un’espressione bellissima, una cucina che senza tradire il proprio credo si adeguava ai tempi, credo che mi sia rimasto questo. Un’intervista con Henry Gault che mi aveva illuminato sulla nouvelle cuisine – che allora imperversava – e mi ricordo… mi ricordo la cucina di Angelo Paracucchi, fatta con lo spaghetto alla lampada, in cui c’erano molte critiche, però vedo che ora sta tornando. E mi ricordo le prime battaglie sui vini, con lo scandalo del metanolo alle porte e un vino italiano che non veniva considerato all’estero.
In quegli anni girava il mondo per lavoro: era il direttore marketing di Benetton, compreso il team di Formula 1
Giravo il mondo in nota spese [ride] lo dico sempre, ho avuto questa fortuna: facevo un altro lavoro, e quando andavo al ristorante potevo scegliere i ristoranti che volevo, e ho scelto sempre il meglio in giro per il mondo. Ora il mondo è cambiato, i protagonisti di oggi non sono quelli di allora, è rimasto ben poco.
I grandi chef di trent’anni fa che personaggi erano rispetto a oggi?
I francesi secondo me sono rimasti tali e quali, sono dei protagonisti però non vanno in televisione: i francesi di allora, penso a Bocuse, Guérard, Roger Vèrge quelli che hanno dato vita alla nouvelle cuisine, un fenomeno che ha invaso il mondo, erano sì dei divi, ma non erano dei divi mediatici. Secondo me i grandi francesi sono rimasti tali e quali: oggi c’è Joël Robuchon, che sì, è stato in televisione, ma non come molti divi attuali.
Divi nostrani, soprattutto. Infatti oggi in Italia il cibo sembra un fenomeno più mediatico che economico
Se andiamo a vedere bene, tutti oggi parlano di cibo. Se uno va nella sala d’attesa di un dentista, di una parrucchiera, non è più la moda l’argomento di cui si parla, è il cibo. Si parla di Masterchef, ho visto Cracco, Barbieri, Cannavacciuolo, ma li hanno visti, non ci hanno mangiato.
Perché ci piace fotografare il cibo?
È una forma di pornografia. Sa la battuta no? Insegnare a far da mangiare in tv è come insegnare a far l’amore guardando un porno.
Lei dice che nelle case italiane non si è mai mangiato così male come in questi anni
Il primo motivo è un motivo di carattere sociale, le donne lavorano: quindi a mezzogiorno non si mangia in casa, si mangia nei bar, dove ci sono quelle piastre terrificanti, dove passano centinaia di migliaia di panini o di piatti, con il grasso del piatto precedente lasciato lì. I giovani non mangiando a casa non hanno un’educazione alimentare, hanno pochi soldi, e ovviamente non tutti possono andare nei ristoranti, quindi finisce che si mangiano un hamburger. E alla fine si mangia bene solo il sabato e la domenica, perché si finisce per mangiare a casa.
La prima edizione di Masterchef risale al 2011, da quel momento in poi i format in cucina hanno spopolato in tv: siamo arrivati alla saturazione?
Manca ancora un anno, un annetto. Però devo dire una cosa su Masterchef, è la gente che lo interpreta male: l’idea degli autori è un talent, come X-Factor. Quello che non è riuscito è la ricezione: chi lo vede non lo prende come un talent, ma come un programma di cucina.
Grazie: adesso però la terrei un’altra ora a parlare di Formula 1…
C’era solamente un grande intenditore di vino: Tyrrell. Lui era un grandissimo intenditore di vino, soprattutto di vini francesi, e poi anche il progettista della McLaren, Gordon Murray. Lui si è comprato una tenuta nel Bordeaux…